sabato 25 luglio 2015

DAL BASSO #7 - Il rosso segno della follia - Mario Bava - 1970



Visivamente, Il rosso segno della follia, 1970, è una delle opere minori baviane meglio riuscite, sia a livello di fotografia che di regia vera e propria.




I colori, le luci, lo studio delle ambientazioni e di conseguenza quello delle inquadrature sono assolutamente magnifici; le invenzione registiche (notevole il binocolo davanti alla macchina da presa, e poi certi passaggi su piani diversi, con l'uso del fuoco, background-bocca-libro, occhi riflessi-accetta, pazzesco) accompagnano e sfidano lo spettatore. E poi i rimandi, le citazioni e le influenze, come non trovare i semi di Halloween in tutta l'opera di Mario Bava, l'assassino in soggettiva con il coltello (accetta) nella mano, il bambino pazzo e colpevole. E poi, qualcosa di Bunuel, Les Diaboliques, Psycho, senza dubbio, e chissà quante mille altre cose, elementi nascosti, mi sono perso. Insomma, tutto questo preambolo per dire che è Bava a tutti gli effetti, seppur non osannato dalla critica, e quindi curatissimo nonostante l'enorme produzione cinematografica del maestro italiano e i due film l'anno da consegnare. E come i Bava di questo periodo, per esempio l'appena successivo 5 bambole per la luna d'Agosto, è scritto decisamente male, dialoghi strani (inteso come fuori dal comune, non credibili) e troppo artefatti, psicologia dei personaggi molto basic, evoluzione della trama senza senso.




La storia, quindi: un ricco stilista deve uccidere per superare il trauma della morte della madre, assassinata prima del matrimonio quando lui era solo un bambino. Solo uccidendo i ricordi affiorano (?, sì, veramente), solo uccidendo può arrivare alla verità; come si intuisce sin dall'inizio, l'assassino della madre e del futuro marito è il giovane protagonista, geloso fino alla follia. Stephen Forsyth regge bene, molto, la parte, classico attore anni '70, faccia perfetta da cattivo; Laura Betti, la moglie, diverte ed intriga nella versione post mortem, con delle visioni reali e inspiegabili; Dagmar Lassender è l'eroina della situazione, bella, giovane, sveglia, serve altro? La tensione subisce spesso dei colpi, dei rallentamenti; numerose scene sembrano necessarie solamente ad allungare una storia che, fin da subito, pare aver detto tutto (le visioni della moglie morta sono un espediente veramente forzato, seppur divertente), non è facile, infatti, gestire un giallo partendo con un colpevole già dichiarato, e nonostante questo i picchi ci sono. Su tutto, la scena dell'arrivo della polizia subito dopo l'assassinio della moglie, un altro Bava alla TV, un braccio che penzola attraverso la ringhiera delle scale, e le gocce di sangue rosso scarlatto, vero e proprio marchio di fabbrica baviano.

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