martedì 4 agosto 2015

TELEVISIONE#2 - True Detective - Season 02



1. The Western Book of Dead
Due righe sul primo capitolo della nuova stagione di True Detective: la sigla nuova è bellissima, a livello della precedente, colori più saturi e luci spot ovunque, del resto, il cambio di ambientazione si fa sentire (parecchio?); I’ll come back and butt fuck your father with your mother’s headless corpse on this goddamn lawn, ovvero Colin Farrell, per ora, una spanna sopra gli altri, mi intriga parecchio il personaggio di Taylor Kitsch, pazzo, impotente, faccia divina e sbilenca, potrebbe essere un disastro come la (La) sorpresa, Vince Vaughn, per dirlo all'italiana, gigioneggia, ma d'altronde era quello su cui ero più tranquillo, Rachel, purtroppo, per ora rimandata, non ha la faccia, e sembra avere un personaggio stereotipato e banale, quindi 1 Colin 2 Taylor 3 Vince (appena avrà scena ciao a tutti) 4 Rachel; dove cazzo è finito l'aspetto mistico esoterico?; sembra un vecchio noir, personaggi di contorno pazzeschi; la scrittura pare dilatatissima, per venti minuti non si è capito nulla, i dialoghi sono sempre alla ricerca di, la forzatura è pronta e attende; Justin Lin se la cava alla grande per ora, fotografia ottima, ma è sulla lunga che si vedrà il confronto; It's my least favorite life.



2. Night finds you
Eccoci al secondo episodio. Innanzitutto mi ha ricordato The Wire in tre momenti: uno, quando Frank va alla ricerca dei suoi soldi e gente più grossa di lui gli ricorda che è solo un gangster (Stringer Bell che ci prova); due, quando si ritrovano nell'hangar, con la fotografia appesa alle lavagne, quattro emarginati ritrovatisi insieme perché destinati al fallimento; tre, Brianna Barksdale. L'inizio con Vince Vaughn e i ratti mi è piaciuto molto, forse (?), anche se cammina in bilico tra il riuscito e il non riuscito, e cadrà prima o poi; Velcoro e suo figlio e l'ex moglie hanno già rotto il cazzo, spero che questo subplot sia risolto al più presto (anche se...), mentre perfettamente riuscito è il dialogo in macchina con Antigone (wow, mi ha ricordato Woody e Matthew, cuori!). Rachel McAdams si sta riscattando, alla grande; Taylor Kitsch ha un personaggio troppo ambiguo, intriga molto, ma sta sempre lì, sull'orlo. I personaggi di contorno sempre al top, il sindaco di Vinci è enorme, enormissimo; e così lo psichiatra, la cameriera, la cantante, tutti, wow. Le atmosfere sono Lynch, parecchio, comunque solide, funzionanti. E del finale come parlare, cosa dire, evviva le teste di corvo, ci stiamo addentrando nel fosco, nel torbidissimo, finalmente; è ora che tutto cominci, un'altra puntata così mi deluderebbe (non poco, però...); we get the world we deserve, finalmente.



3. Maybe tomorrow
Non si va avanti granché, si gira intorno ai personaggi come Pizzolatto sa fare, bene, meno bene, alla critica la sentenza; si può dire, senza dubbio, che l'inizio è talmente lynchano da sembrare una parodia, anche se funziona bene, questo di sicuro. Bello: Colin Farrell che chiqma Xena Rachel Mcadams (estremamente meta-true detective, ed anche qui l'aspetto consapevole è forte, importante, Pizzolatto si prende in giro, sfrutta le critiche prima che arrivino); chiaramente, il figlio (la famiglia) del sindaco, un Dan Bilzerian cattivo e con accento autoimposto da finto gangster; Vince Vaughn che, spero, recita la parte di un attore che fa male un capo debole che finge di essere autoritario per prendere a pugni un tizio e strappargli i denti d'oro (scena talmente non riuscita da piacermi). Non saprei che dire, invece, degli ennesimi problemi sessuali personali dei protagonisti; spero che queste storyline vengano abbandonate presto. Sicuramente, i personaggi finora introdotti sono già troppi e troppo caratterizzati, o si è David (Simon) Foster Wallace o non si va da nessuna parte. Il cambio di regia si è sentito, eccome: nell'inseguimento finale avrei voluto che si osasse molto di più. Detto tutto, mi pare, e nonostante le critiche rimane incredibilmente, contemporaneamente, necessaria. 



4. Down will come 
Va a raffiche, ormai si è capito, questa nuova stagione di True Detective, a colpi, a sussulti. La situazione di Frank e sua moglie ricorda molto quella di A most violent year (anche se quest'ultima, a malincuore, è scritta e recitata meglio, per ora); Vince Vaughn ha delle battute idiote e dei dialoghi senza senso, quello con i mediorientali sul caffè e i denti è da pelle d'oca, in senso negativo chiaramente. Più in generale le storie personali dei quattro protagonisti sono un mix di già visto e di idee minuscole; a uscirne alla grande è, incredibilmente, Ani Bezzerides, ormai da un paio di puntate il punto di riferimento. La storia principale funziona, bene, siamo solo (ancora) all'inizio, anche se, sepolta sotto cumuli di discorsi inutili e tormenti personali, sembra perdersi allo sguardo. Finalmente, un finale come si deve!; una carneficina, un disastro, girato bene, con personalità, montaggio wow, e quelle mani, le mani di Colin Farrell, che tremano mentre si mette le mani nei capelli, sono in grado di riscattare una puntata che, fino all'ultima sequenza, era semplicemente moscia.



5. Other lives
Finalmente siamo arrivati, quattro puntate di presentazione personaggi son troppe forse, ma finalmente ci siamo. Bastano i primi dieci minuti per far capire allo spettatore che tutto è cambiato, avrà ragione Pizzolatto?, abbiamo appena iniziato. Il salto temporale è necessario, evviva!, ed eccoci 66 giorni dopo la sparatoria della settimana scorsa, ed ecco Rachel McAdams, Ani, che dice big dicks e quindi non ci sono cazzi, è lei il personaggio migliore di questa stagione, è lei, dismessa la sigaretta elettronica, il nuovo Rust Cohle; sono sorpreso, molto e in positivo, e la prossima, il festino, sarà la prova definitiva. Velcoro, senza baffi, ahahaha, Banshee style, è il solito Velcoro con la sottotrama del figlio in ballo, eppure più incisivo, e quel finale, lo sguardo, la resa dei conti prossima, già?, insomma, si svolta per tutti. L'unico aspetto totalmente non convincente rimane Woodrugh, la sua recitazione quanto il personaggio in sé, la storia del rapporto con la madre, la storia dei soldi, il tè freddo corretto; io ci spero ancora, eppure pare già un mezzo disastro. Insomma, detto tutto, Pizzolatto sono pronto, non deludermi.



6. Church in ruins
La tensione inizia (?) a salire, infine; il dialogo Velcoro-Frank a inizio puntata è, forse, il migliore da inizio stagione per quanto riguarda il bilanciamento tra aspirazioni alte e credibilità della messa in scena, e funziona anche il personaggio di Vince Vaughn, per la prima volta, davvero, notevole il momento A mexican standoff with actual mexicans. Colin Farrell che fa se stesso versione anni zero con birra, coca, whisky e distruzione della camera è molto meta-tutto, spero sia la fine della sottotrama bambino ciccione (certificata da Saviano e Gomorra, felice come una pasqua, si dice ancora?). Ed infine, la scena della festa, molto bella, molto, anche se mi aspettavo addirittura di più; il personaggio di Taylor Kitsch ha preso una piega strana tra l'inutile e il necessario, inutile ai fini della storia, necessario a Pizzolatto, pare chiaro che morirà (sarò smentito?). Qualche cacata a livello di scrittura comunque rimane, al netto di un episodio positivo: la scena dell'accordo tra Catalast e russi, ascoltato dalla portafinestra è, senza dubbio alcuno, da sceneggiatura di serie B, C, D, Z.



7. Black Maps and Motel Rooms
Di gran lunga il miglior episodio della stagione, ritmo costantemente alto, altissimo, personaggi a fuoco ed alla resa dei conti, e chiaramente la domanda che tutti si fanno è: era davvero necessario tutta quella fase di presentazione iniziale pre-sparatoria? La moglie di Frank è troppo un personaggio scritto col culo e inutile per non aspettarsi niente nell'ultima puntata, gli orfani erano scontati, scontatissimi fin dalla loro comparsa, la cameriera del bar con la cicatrice a cosa servirà? Basteranno i 90 minuti di domenica prossima a dare tutte le risposte alle questioni aperte? Everything is fucking è boh oppure mah oppure genio, in quanto verità assoluta inserita in un contesto a cazzo? Però, ecco, insomma, qualcosa si è chiuso; la storia dell'amore omosessuale tra commilitoni a qualcosa è servita ai fini della storia, seppur con mille contraddizioni, e poi Natalie Wood, Splendor in the grass, Elia Kazan, la morte di Paul (da me pronosticata), tutto molto, molto, bello.



8. Omega Station
Ok, finalone, 80 minuti, come nelle migliori occasioni (The Wire), come un pessimo-buono-ottimo-discreto film. Ricomincia tutto con i sospiri e borbottii di Ani e Velcoro, con i discorsi a caso di Frank e consorte, come tutta la stagione del resto. Finisce male, e come deve finire se no? (anche in considerazione delle critiche enormi fatte al finale della prima stagione, troppo buonista?), finisce bene per le donne (idem come sopra, in considerazione delle critiche alla misoginia, ?, della prima stagione), un figlio, cappelli, il Venezuela, Nails. Insomma, sembra tutto uguale al resto dell'anno, direzione di percorso poco chiara, enormi giri di parole, zero colpi di scena, buchi enormi aperti in sceneggiatura, scoperte casuali, personaggi deboli, i comprimari meglio dei protagonisti, Paul a caso. E, forse, si sente la colpevolezza di un casting non all'altezza, perché Pizzolatto è grande solo se si riesce a rendere veramente ciò che scrive, Harrelson e McCounaghey non sono certo gli ultimi arrivati, e il fatto che i sospiri e i borbottii e le ore per dire quattro cose non mancassero nemmeno nell'osannata prima stagione restituisce un po' di credibilità al povero Nic. L'intenzione complessiva, secondo me, è notevole; il tentativo di fare un noir vero, come si deve, incomprensibile e intricato, alla Falcone Maltese, alla Chandler, è palese e, in piccolo, riuscito. Manca il maledettismo, manca la recitazione (cioè, il finale poetico nel deserto e Vince Vaughn che vede dei fantasmi non è male, ma girato così è ridicolo), manca la mano salda di un regista come Fukunaga (talento vero), mancano gli indizi seminati qua e là su cui fare impazzire il popolo dell'internet, mancano le piccole cose (i colpi di sorpresa, la capacità di rendere vere le azioni dei protagonisti, e credibili, l'aspetto esoterico totalmente abbandonato), che avrebbero potuto fare grande anche questa seconda stagione di True Detective.






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