lunedì 18 maggio 2015

VISIONI #15 - Shi gan - Time



È molto parlato questo lavoro di Kim Ki-duk del 2006; molto, troppo, rispetto ai suoi standard e a quello cui ero abituato (considerando che credo di essere uno dei pochissimi ad aver apprezzato Moebius).




La storia, quella di due innamorati pieni di dubbi, insicurezze, ma nella norma, quotidianità, insomma, è attraversata da parecchi temi, la gelosia, la bellezza, l'identità, la memoria, tutti convogliati da un vettore principale, quello della chirurgia estetica, plastica, forse, è più appropriato. Lei è gelosa ed allo stesso tempo ritiene di non essere abbastanza per lui, pensa che il tempo possa portare noia, monotonia, crisi; decide, allora, di cambiare volto, vita e nome e tornare da lui. Non è contenta, comunque; è gelosa della precedente sé, in competizione con il proprio ricordo, con una vita che non riesce ad abbandonare definitivamente: provoca, quindi, una reazione in e di lui che condurrà entrambi verso una fine amara. Kim Ki-duk, posizionandosi e interpretando la parte della coppia impegnata nella creazione di un nuovo sé, spia gli avvenimenti, nascondendosi sommessamente dietro angoli, specchi, porte, spigoli. C'è ricorrenza di luoghi, come se fossero non solo contenitori ma anche tracce pure, portatori di memoria, custodi di Storia; il parco delle sculture, immobile e immutabile, è il perfetto contrasto allo scorrere del tempo e dei volti e dei ricordi. C'è ricorrenza di volti: non solo i protagonisti, ma anche lo spettatore è alla ricerca di, confuso in mezzo alla folla, in mezzo ai tentativi dei protagonisti di ritrovare se stessi e i rispettivi altri (crudelmente efficace e inquietante la maschera indossata da Seh-hee).




E poi il finale, il cerchio che si chiude: ha senso oppure è un semplice vezzo? Rispetto alla concezione di tempo sviluppata nel corso del film, assolutamente no, nulla di più lontano, eppure una possibile chiave di lettura, sul fatto che non si scappa dal tempo, dai propri ricordi, dal vero sé, può restituire dignità a un finale che appare, comunque, piuttosto gratuito. È un film molto parlato, appunto, ed è quello che manca a questo film, per contrasto: spiegare quello che succede, addirittura viso in camera e spiegazione (che orrore!), spiegare le proprie sensazioni, emozioni, mutamenti, toglie moltissimo a quello che sarebbe potuto essere un Time più ambiguo, più surreale, più sospeso sul tema dell'identità; tutto questo e, allo stesso modo, più credibile.

6,5

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