giovedì 21 maggio 2015

TELEVISIONE#1 - Broadchurch - Season 02



La seconda stagione di Broadchurch, che nel 2013, con i primi otto episodi, aveva convinto tutti, critici, pubblico, spettatori casuali, donne e ragazzini, tutti, insomma, era un lavoro ottimo, inizia con la dichiarazione di non colpevolezza da parte di Joe Miller. E lo spettatore dice: ma come?




Ha confessato, è stato lui, prove, perizie, tracce, tutto a posto, tutto incastrato alla perfezione. Eppure, l'avvocato difensore, con altre mire, altre sottotrame (necessarie? l'attrice, ottima, diventerà regular? il caso della nuova stagione sarà quello del figlio?), farà di tutto per farlo scagionare, arrivando, quasi (?), a convincere lo spettatore che la prima serie qualche falla l'aveva, che la colpevolezza non era (è) così scontata, che hitchcockianamente (Stage Fright - Paura in palcoscenico) i flashback mostratici erano fasulli. Il quasi è d'obbligo, forzato, assolutamente, eppure è sintomatico della credibilità di questa nuova serie, della sua capacità di reggere sulla lunga distanza, quella di una seconda stagione, di un seguito.




E mi mancava, mi mancava senza che lo sapessi, i colori, la pulizia delle immagini, la profondità di campo enorme (forse si esagera, in qualche caso: alcune scene sembrano avere un rapporto focale di 1, addirittura; poi, il 75 % delle inquadrature è sotto i 35 mm, da cui la leggera deformità di visi, corpi, spazi), gli edifici architettonicamente fantastici, Alec Hardy e David Tennant, Ellie Miller (i pilastri della serie sono sempre loro), bloody qualsiasi cosa. Ed è girato da dio (!), riprese aeree incredibili, stupende, inventività, ricerca stilistica, l'episodio 5 mio apice personale; le scene in tribunale sono un esempio validissimo di come riuscire in uno spazio chiuso, squadrato, anche piatto, a muoversi, vedere, innovare (piano sequenza dell'episodio 7). I personaggi nuovi, purtroppo, non funzionano, assolutamente, zero emotività, zero espressività, Claire, Lee (soprattutto!), Ricky; il rientro del caso Sandbrook appare forzato, troppo. La narrazione funziona nel suo svolgimento e si sgonfia nel finale, a soluzione ottenuta o quasi, dopo i confronti e i faccia a faccia e le strette di mano e i viaggi in taxi, veri o presunti che siano. La terza stagione sarà cruciale: evolvere, muoversi oltre in maniera naturale o rimanere fermi a seguire ciò che la sceneggiatura ha già deciso per la comunità di Broadchurch?

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